Di Maio aveva deciso da tempo di dimettersi. Indebolito, esautorato, circondato da un’operazione politica a sinistra (Conte), e da una fronda a destra (Di Battista), avvolto dalle malignità di una corte di mezzi leader che non nascondono più vanità e ambizioni (Morra, Taverna, Fico, Toninelli), Di Maio si era lasciato andare a più di un gesto di stizza: “Mi dimetto e vediamo come se la cavano”. Il momento è arrivato. Gli succederà, pro tempore, Vito Crimi. Il governo rossogiallo doveva distruggere il Pd, ma ha disintegrato il M5s.
Rivendica di aver protetto i 5Stelle da “trappole e approfittatori”, Di Maio. E poi pronuncia una frase che la dice lunga sul travaglio di questi ultimi mesi: “I peggiori nemici sono all’interno. Sono quelli che lavorano non per il gruppo ma per la loro visibilità”. E si toglie un altro sassolino dalle scarpe: “Ho visto che dopo la notizia delle mie dimissioni il titolo di Atlantia è salito in borsa”. Ma aggiunge: “È la prova che i mercati non hanno capito nulla di noi. Mi fido di chi verrà dopo di me. E credo che il governo deve andare avanti. I risultati arriveranno. Abbiamo cinque anni di tempo per cambiare il Paese”.
Tanta l’amarezza nelle parole di Di Maio: “Molti in questi mesi mi hanno accusato di esser stato troppo ingenuo: non mi sento tale ma preferisco passare per ingenuo che essere considerato un imbroglione. E personalmente continuo a pensarlo nonostante i tanti tradimenti”. Un discorso spesso interrotto dagli applausi. Pesante il suo j’accuse: “Il fuoco amico grida vendetta. C’è chi ha giocato al tutti contro tutti. Basta pugnalate alle spalle. Chiedo un po’ di pudore”. E a questo punto assicura: “Non mollerò mai, il Movimento è la mia famiglia. È finita una fase ma non il mio percorso”