Nuove proteste in Russia per Navalny: la moglie Yulia tra gli oltre 4000 arrestati

Ancora decine di migliaia di russi scesi nelle strade di tutte le città per protestare contro l’arresto di Aleksej Navalny, il principale avversario politico di Vladimir Putin. E ancora più di quattromila arresti, nonostante la gente si limitasse a essere lì, senza danneggiare alcunché, senza bruciare cassonetti o automobili come avviene spesso nelle manifestazioni di massa che si svolgono in altre città europee. I pacifici russi agitavano scopini da wc e lanciavano rotoli di carta igienica per ricordare il castello di Putin denunciato da Navalny dove un solo scopino sarebbe costato oltre settecento euro. Innalzavano al cielo mutande simili a quelle dello stesso Navalny che ad agosto uomini che lui stesso ha identificato come agenti dell’Fsb avevano irrorato con il micidiale Novichok.

Pacifici, abbracciati tra loro per resistere alla polizia che li andava a catturare uno ad uno, infierendo con pesanti manganellate e anche con Taser, bastoni che trasmettono una potente scossa elettrica, una novità di questi ultimi tempi. In tutto il mondo la polizia usa questi strumenti (rilasciano una scarica di almeno 50 mila volt) contro malintenzionati che possano rivelarsi pericolosi. Domenica a Mosca si sono invece visti agenti che colpivano con i Taser cittadini già nelle mani delle forze dell’ordine che semplicemente rifiutavano di camminare e venivano quindi trascinati a forza. Coloro che erano stati catturati e che erano portati verso i cellulari ricevevano anche ripetuti colpi di manganello alle gambe e al corpo.

Tutti i principali collaboratori di Navalny, compreso il fratello Oleg, sono già in carcere per «incitamento a manifestazioni sedizione».

In libertà era rimasta solo la moglie Yulia che domenica era per le vie di Mosca: come la scorsa settimana, è stata arrestata e rilasciata.

Contro la repressione violenta e gli arresti si è fatta sentire anche l’Unione Europea, per voce dell’Alto Rappresentante agli Affari Esteri Josep Borrell: «Anche oggi condanno gli arresti di massa e l’uso sproporzionato della forza contro manifestanti e giornalisti in Russia. Le persone devono poter esercitare il loro diritto di manifestare senza timore di repressione. La Russia deve rispettare i suoi impegni internazionali», ha scritto Borrell oggi su Twitter.

Tutto era iniziato in Estremo Oriente, con proteste a Vladivostok e in altre città. Poi è venuto il turno della Siberia, Krasnoyarsk, Novosibirsk. Quindi Mosca, San Pietroburgo e la Russia occidentale. In totale decine di migliaia di persone, forse un po’ meno della settimana scorsa. Ma è più che comprensibile, vista la pesantissima repressione. Coloro che finiscono nelle mani della polizia (il più delle volte presi a caso, perché isolati, perché prede più facili o perché finiti lontano dalle telecamere) rischiano pesantissime condanne. Fino a 8 anni per «rivolta di massa» e fino a 15 se accusati di aver usato violenza contro le forze dell’ordine. E 15 anni in un carcere russo sono veramente pesanti.

Gli americani hanno protestato. «Gli Stati Uniti condannano l’uso persistente di metodi brutali contro manifestanti pacifici e giornalisti da parte delle autorità russe per la seconda settimana consecutiva — ha twittato il neo segretario di Stato Usa, Antony Blinken — Rinnoviamo il nostro appello alla Russia affinché rilasci le persone arrestate per aver esercitato i propri diritti, tra cui Alexei Navalny».
Mosca ha replicato denunciando «l’ingerenza» degli Stati Uniti: una «grossolana intrusione negli affari interni della Russia è la prova della regia» di Washington dietro alle manifestazioni, secondo il governo russo.