Il discorso di Trump sull’Iran e la strategia Usa in tre punti: la “tregua” militare (ma solo a certe condizioni)

Il presidente annuncia che gli americani non risponderanno con le armi all’attacco alle basi in Iraq. «Imporremo nuove e massicce sanzioni economiche, ci vuole un maggiore coinvolgimento della Nato». Poi l’offerta di dialogo con «i leader» iraniani.
Tregua militare. Donald Trump annuncia al Paese e al mondo che gli americani non risponderanno con le armi all’attacco iraniano dell’altra notte contro le basi in Iraq. Il presidente, parlando in diretta tv, ha invece illustrato una strategia su tre punti.
Primo: continua la massima pressione su Teheran. «Imporremo nuove e massicce sanzioni economiche sull’Iran».
Secondo: coinvolgimento delle altre potenze mondiali, in particolare le quattro che con gli Usa hanno firmato nel 2015 l’accordo sull’atomica con il Paese degli ayatollah. «Germania, Francia, Russia e Cina devono rendersi conto che quell’intesa è pessima e va rinegoziata».
Terzo: esplicita offerta di dialogo diretto con «i leader» iraniani.

«Gli Stati Uniti sono il Paese militarmente ed economicamente più forte del mondo. Ma non significa che noi dobbiamo usare questa forza. Se l’Iran cambia il suo comportamento, noi siamo pronti ad abbracciare la pace». L’amministrazione Trump, dunque, ferma la pericolosa escalation del Medio Oriente, valorizzando la sostanza politica dei segnali in arrivo da Teheran: «L’Iran si sta frenando. E questa è una cosa buona per tutto il mondo». Il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, aveva appena twittato che «l’Iran non cerca la guerra con gli Usa». E Trump ha di fatto risposto: finiamola qui con i missili, almeno per ora, visto che i razzi sulle basi di Ain Al Asad e di Erbil «non hanno fatto vittime tra gli americani e tra gli iracheni».